” Goodbye Mr. Franzè ! ”
Il saluto a un insegnante da un alunno che non l’ha dimenticato
La vita è fatta di incontri, tuttavia, solo alcuni risultano
decisivi e assumono un notevole peso specifico nel vissuto di
ognuno. Mimmo Franzè rientra a pieno in questa categoria in quanto
molto di quello che sono ora lo devo anche a lui.
Le nostre esistenze si sono incrociate non nelle sedi di partito, ma
nel suo mondo per eccellenza: la scuola. Franzè è stato un
insegnante , di quelli che lavorano in silenzio, senza
autocelebrazioni. In tempi in cui non sapevo ancora cosa fosse
l’internazionalizzazione e il cosmopolitismo, ho imparato sul
“campo” cosa significhi allargare i propri orizzonti, confrontarsi
con altre culture e appassionarsi ad una lingua straniera fino a
sentirla propria.
Per farlo non bastano certo competenze, ma occorre una dose di
umanità unica, tipica di chi sa farti entrare nel vivo di ciò che
deve trasmettere anche strappandoti una sonora risata. Durante le
sue lezioni i costrutti astrusi diventavano il pretesto di gustose
scenette tragicomiche in cui ognuno di noi a turno si trovava alle
prese con treni da prendere, informazioni da chiedere per non
perdersi o con ragazze inglesi da corteggiare e se non riuscivi a
cavartela partiva la presa in giro perché non dovevamo fare la fine
di Totò e Peppino a Milano.
Sono cose a cui li per lì non davo peso, ma che rendono bene l’idea
di come per lui insegnare volesse dire soprattutto stare con i
ragazzi, cercare di capire il loro modo di essere, cosa a dir poco
rara, trasmettergli una visione pratica della vita.
Credo non gli importasse tanto formare studenti dalla pronuncia
british, ma uomini del futuro capaci di guardare il mondo con
curiosità e scaltrezza, indipendentemente dalle sfide cui la vita li
avrebbe chiamati. Alle volte il ruolo istituzionale sembrava
addirittura imbarazzarlo, stargli stretto, tanto da doversi sedere
sulla cattedra o appoggiarsi a un armadietto per abbattere anche
fisicamente la distanza con gli studenti e quando ti aspettavi la
ramanzina da professore ingessato partiva invece la battuta in
anglo-beneventano per stemperare la tensione e farti capire che se
fosse stato per lui avremmo anche potuto fare lezione al bar,
ordinando in inglese naturalmente.
In un’estate di tanti anni fa ebbi la fortuna di conoscere proprio
la sua veste extra-scolastica durante una vacanza studio a Oxford.
Le lezioni erano tenute da insegnanti madre lingua e lui poteva
darsi a quelle impartite “on the road”, magari rifilandoti un
buffetto bonario se non sapevi ancora chiedere il conto o
incoraggiandoti a provarci con la ragazzina del tavolo affianco,
aggiungendo un divertito: “Mo’ ti piace l’inglese, eh?”.
A tratti sembrava il più ragazzino di tutti, quasi il capobanda di
quella ciurma da esportazione di cui capiva vita opere e miracoli
senza tante parole, ma con lo sguardo sornione di chi la sa lunga
anche se non vuole darlo a vedere. Non tutti migliorarono l’inglese,
ma ognuno tornò a casa un po’ più cresciuto, anche grazie alle
massime, agli aneddoti e alle barzellette, poco british, di Mr
Franzè (come lo chiamavano lì, avendo qualche problema con le vocali
accentate).
Alcuni mesi fa ricordavo questi e altri episodi proprio con un
“reduce” di quella esperienza, il quale mi disse semplicemente:
“Certo che il professore è un grande!”. Ora che se ne è andato,
dovrei usare il passato, ma non ci riesco perché la sua ordinaria
grandezza sta proprio nel aver saputo lasciare un segno profondo in
chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, segni che riemergono e
riemergeranno ogni qualvolta cercherò di pronunciare una frase in
inglese, pur conservando un marcato accento beneventano…
Federazione Lavoratori della Conoscenza - Benevento
La Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL di Benevento e della
Campania esprime profondo dolore per la perdita del compagno Mimmo
Franzé ed è affettuosamente vicina alle care Anita, Giannaserena e
Gayantonia.
Mimmo è stato tra i primi segretari generali della CGIL Scuola di
Benevento dando un decisivo contributo alla costruzione e
all’affermazione del sindacato nel Sannio.
È stato docente interamente dedito al ruolo di formatore, fermamente
impegnato con la sua azione quotidiana nella difesa e nella
valorizzazione della scuola pubblica, apprezzato e amato da generazioni
di alunni.
Ricorderemo Mimmo per la coerenza del suo impegno e per l’esempio di
umanità che ha saputo offrirci.
Il
cordoglio della Cgil di Napoli e Benevento
Nel
giorno della scomparsa del compagno Mimmo Franzè, già segretario
provinciale della CGIL Scuola, la CGIL di Napoli e Benevento si stringe
intorno al dolore che ha colpito la famiglia Franzè.
Un abbraccio va alla Segretaria della funzione pubblica CGIL di
Benevento Giannaserena Franzè, da parte della segreteria provinciale FP,
della segreteria Regionale FP e di tutta la CGIL.
La sinistra beneventana in lutto per la scomparsa di Mimmo Franzè,
dirigente del Pci e del sindacato
Aveva 66 anni, di origine calabrese si era trasferito nel capoluogo
sannita agli inizi degli anni Settanta, avendo sposato Anita Biondi
anche lei dirigente di partito, di organizzazioni femminili e tuttora
animatrice del volontariato. Formatosi nelle lotte studentesche a
Napoli, dove era andato a studiare, negli anni caldi della
contestazione, fu artefice del rinnovamento del Partito Comunista
Italiano nel Sannio, sotto la direzione del napoletano Mimmo Delli
Carri. Domenico Franzè fu soprattutto impegnato nell’attività sul
territorio come segretario della Sezione "Antonio Gramsci”.
Successivamente il suo impegno si concentrò nella Cgil Scuola, era un
insegnante d’inglese, ne divenne segretario provinciale.
Ad Anita Biondi e alle figlie Gayantonia e Giannaserena e ai parenti
tutti giungano le sentite condoglianze del Direttore del Vaglio.it,
dell’Editore e della Redazione.
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In morte di
Mimmo Franzè:
l’ex deputato Conte ricorda l’uomo e il compagno di tante
battaglie
Tonino Conte
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5 febbraio 2013
Con Mimmo Franzè, Benevento e il Sannio perdono una persona preziosa per
qualità intellettuali e morali, inconfondibile per stile, esemplare per
coerenza e per impegno culturale-politico.
Lo sappiamo: la morte induce, spesso, a una profluvio di aggettivi. Ma
per “il calabrese”, diventato sannita per amore (Anita – Mimmo, Mimmo –
Anita: avevano obbligato tutti a pensarli e a citarli insieme, sempre,
sempre…) sarebbe semplicemente offensivo usare parole non rispondenti
alla vita realmente vissuta e – quotidianamente – condotta, sino
all’ultimo istante.
Per oltre quarant’anni beneventani, Mimmo ha testimoniato che si può
vivere con convinzioni profonde – mai neutrali! – ma coltivando il
rispetto più alto per tutti gli interlocutori e per gli stessi
avversari; ha pure dimostrato, nella sua identità intellettuale, di
saper coniugare la cultura meridionale di radicamento con la più
raffinata “civilitation” europeistica; ha dichiarato, senza tronfi
proclami, che il mandato morale non può essere indotto da autorità
esterne e che la solidarietà non può essere una deliziosa aggiunta
esistenziale né – tantomeno – una ghirlanda da esporre sulla pubblica
via.
Le passioni generose - mai abiurate – per l’umano universale,
diventarono prassi all’interno della sofferenza concreta, nel bisogno
condiviso, nel diritto negato. “Le souffle” rivoluzionario si inverò
nella militanza cittadina sui problemi del vivere giorno per giorno,
nella “città alta” come nei quartieri emarginati o nel centro storico;
lo spirito della utopia - proveniente dai giorni grandi del Maggio e
dalle strade dei sogni – si calò nel volantinaggio per il verde
pubblico, per la farmacia da aprire, per un welfare da difendere; la
scelta di vita si tradusse in generosa permanente intenzione di
ricomposizione sociale e di ricostruzione democratico-costituzionale,
sotto le bandiere di una lezione gramsciana che non poteva essere – e
non fu, mai - dogmatismo o angusto politicismo.
Del resto, non poteva – Mimmo – e non voleva, discostarsi da una
concezione dello stesso soggetto politico quale luogo di democrazia
partecipata e autentica, che non doveva, perciò, venire sacrificata a
logiche di apparato o di camarille.
Il PCI di quegli anni, il PCI di Mimmo Franzè, il PCI di una generazione
che si innestò da protagonista, non subalterna, non silenziosa, nella
grande organizzazione senza però rinchiudervisi… ecco, quel Partito ebbe
– appunto – nel ruolo di Mimmo, nel suo essere “naturalmente” dirigente
e organizzatore di cultura e di politica, una conferma altissima di
strumento per l’affermazione degli interessi generali e per la
emancipazione delle masse popolari. Mimmo e la “sua” Sezione Gramsci
(come, poi, il “suo” Sindacato…) si costituirono come momenti di una
crescita straordinaria dell’intero contesto cittadino e provinciale.
Altro che arrivismo, altro che riduttivismi alienanti: Mimmo Franzè fu
lontano mille miglia da tentazioni di liderismo personalistico
esercitando, con il comportamento ma anche con l’uso magistrale
dell’ironia, una funzione produttrice di equilibrio e di sintesi
sapiente.
Su quelle stagioni e su storie all’apparenza “solo” territoriali,
occorrerà tornare, soprattutto per trarne indicazioni tutt’altro che
obsolete, criticamente attuali e necessarie per la ricostruzione del
Paese, di cui Mimmo è stato assertore irriducibile. Anche in questo
guardare lontano, nel non piegarsi alla sconfitta, nel delineare sempre
una progettualità di avanzamento e di salvezza, anche in questo Mimmo ci
ha voluto sollecitare e -si!- confortare. Lui, che, anche nella
sofferenza, anche nei condizionamenti più difficili ha trasmesso,
insieme, un sorriso e una ragione di speranza.
Quale emozionante lezione, quale forza di umana condivisione e di
bellezza esistenziale continua a rivelarci il nostro amico, il compagno
di cento e cento fiori sbocciati grazie al suo affetto, alla sua parola
(anche quando affievolita, anche quando interrotta…), al suo ascolto non
superficiale. E come non pensare alla immagine coinvolgente della
famiglia Franzè che insieme, sempre sempre, ha donato a tutti un
messaggio di impegno e di affetto universali, un messaggio – diciamolo!
– ancor più intenso e diretto a ognuno di noi, nei tempi in cui
l’isolamento è apparso quale destino inevitabile? Anita, Giannaserena,
Gayantonia con Mimmo ci hanno mostrato il senso vitale dell’antica
invocazione alla fraternità.
Ora è il momento del dolore, il più lancinante. Ma ora è il momento in
cui ci ritroviamo intorno a Mimmo, vicini alla “sua” meravigliosa Anita,
alle “sue” splendide figlie, in un abbraccio che tiene in sé la memoria
struggente e i sentimenti forti per portare avanti le idee e i
significati che Mimmo continuerà a proporci.

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