Il Campanile- Anno III - n. 1

Penitenzia

maggio 1995

Senza penitenzia non si vaci ‘n paradisu, recita un antico detto paesano. Senza sofferenza, cioè, nessun nobile scopo può essere raggiunto. I giovani della "PRO LOCO", nonostante alcune poche lusinghiere vicissitudini, tirano ancora "al sol di mezzogiorno", per conquistare traguardi vieppiù elevati.

La storia della nostra Stefanaconi, di "penitenzie" ne è tutta costellata. Basti pensare alle calamità naturali, ai duri sacrifici sostenuti dai nostri emigranti e dalle loro famiglie; alla successione di eventi che hanno caratterizzato le nostre chiese e le nostre confratemite, una in particolare, alla quale vogliamo rivolgere la nostra attenzione. Oggi è veramente suggestivo e confortante, specie di notte, alla luce dei riflettori, ammirare l'alta cuspide del campanile di Santa Maria, che tende verso il cielo la croce, quasi a cercare l'abbraccio dell'umano col divino; l'aggancio del contingente al trascendente. Ma di quanti sacrifici, incomprensioni, errori, interminabili liti, non è l'emblema? L'opera di demolizione e di ricostruzione, avvenuta nell'anno 1946, unitamente al rifacimento di tutto il tetto della chiesa, venne a costare lire 159.885. Si era negli anni del dopoguerra, "penitenzia" sicuramente ce ne fu, da parte dei confratelli, diretti dal saggio priore Dinami, e da parte dei fedeli tutti. Documenti, da noi rinvenuti solo recentemente, attestano che le furibonde lotte che i devoti di Santa Maria della Consolazione, come Pajeradi "extra moenìa", dovettero sostenere per farla risorgere, unitamente alla congregazione, dopo il sisma del 1783. Il notaio Muscato (già primo firmatario della petizione di Regio Assenso alla congregazione "ab immemorabili" installata in Santa Maria della Consolazione) infatti, con un gruppo di suoi accoliti, ignorando il desiderio della maggioranza dei vecchi congregati e di ben cinque dei sei sacerdoti presenti in parrocchia, decide dì ravvivare la presente confraternita, trasferendola però nella "Chiesiola", eretta subito dopo il terremoto, molto vicina alla sua casa di abitazione. Nel gennaio 1794, previo impegno a versare dieci ducati ogni anno alla "Cassa Sacra", per la cura dei neonati esposti, il sodalizio ottiene il riconoscimento da parte del Re. Senza fare polemiche, gli affezionati a "Santa Maria", stabiliscono di costruire la chiesa, nella quale avevano esercitato le loro devozioni gli antenati e dove ancora erano agibili due sepolture. Contemporaneamente danno vita ad una seconda associazione laicale, sotto il titolo della Madonna del Carmelo, rinunziando a quello legittimo della Madonna della Consolazione, già assunto dal gruppo dei "confrati" della "Chìesiola". Il 24 novembre 1794, Ferdinando IV, concede il suo assenso. Il documento, anzicchè alleggerire, come era nelle previsioni, la "penitenzia", a cui il terremoto aveva dato inizio, l'inasprisce, per la dura esposizione messa in atto dagli eponenti di maggiore spicco della congregazione già attiva da alcuni mesi, che riescono, sia pure con mezzi leciti (fascicoli e fascicoli di carta manoscritta), ad impedire per diversi anni il funzionamento della "Sodalitas confratrum" della Madonna del Carmine.

Per "ricreare" l'atmosfera dei tempo, trascriviamo alcuni passi dei "memoriali" prodotti, a tutela, dalle due associazioni: "... a pochi confratelli di torbido ingegno è saltato in mente di fare delle novità con aprire nuova Congregazione sotto il titolo della Madonna del Carmine nell'antica chiesetta sita in campagna molto distante dall'abitato in dove spesse volte sono accaduti dei furti, e si sono commessi delli controbandi ed è stata sempre ricetto dei malviventi e di gente di perverso costume". "La più sana parte dei Cittadini della Terra di Stefanaconi in Provincia di Calabria prostrata a’ piè del Real Trono l'espone con suppliche, come dietro il flagello dei tremuoti restò quella popolazione con una sola chiesa in dove devono andare ad adempire ai cristiani uffici e il più delle volte è accaduto a quelle famiglie, che sono in molta distanza di restar prive della S. Messa nei giorni festivi, non potendo nei tempi piovosi, nevosi attraversar le lunghe strade, che dividono la detta chiesa dalle proprie abitazioni. Spinti da un puro, e santo zelo li supplicanti si risolsero di riedificare una congregazione sotto gli auspici della Madonna del Carmine nel luogo detto Martino, in dove potessero riconoscere Dio, e ricevere i santi sacramenti, quelle Famiglie, che sono distante dalla Chiesa Madre, e si obbligarono ancora di corrispondere annui ducati dieci alla Cassa Sacra. Trovò lodevoli V. M. che è piena di religione i sentimenti dei Supplicanti, e permise la erezione della mentovata Congregazione con essersi spedito ben anche l'assenso della V. Real Camera di S. Chiara, il quale restò poi inoperoso, perchè nella Superiore Giunta di Corrispondenza alcuni mal contenti cittadini si opposero a tale lodevole opera".

Parafrasando alcuni versi di Ada Negri, concludiamo: Stefanaconi è vero, ha lasciato "per la via sassosa brandelli d'anima", pur "con superbo piede sale ancora verso l'alba luminosa".